Premessa

Questo sito nasce con l’idea di sensibilizzare le persone in campo ambientale e in termini di biodiversità ,facendo altresì della mia passione un lavoro. Da anni cerco di trovare un’alternativa alle normali pratiche agronomiche e di utilizzare la flora spontanea per creare giardini e coltivare la terra affinchè attirino specie animali tanto preziose per l’equilibrio naturale degli ecosistemi. Purtroppo le pratiche agricole e la gestione territoriale, spesso, riducono sempre più le aree naturali ,con la conseguente distruzione degli habitat portando inevitabilmente ad un considerevole calo di biodiversità. Considerando questa situazione mi sono sempre chiesto che cosa potessi fare per rallentare questo processo. Ebbene, cominciai a pensare che ognuno di noi avrebbe potuto fare la sua parte. Come? Trasformando il proprio giardino o il proprio terreno in un area che si avvicinasse sempre più ad un ambiente naturale. Che cosa serve prima di tutto per poter fare questo? Tanta pazienza e passione! Vedete, per distruggere un’area naturale ci vuole un tempo che varia da qualche ora…a qualche mese….ma per ricostruirla, ci vogliono anni, soprattutto nelle zone in cui l’impatto antropico è stato notevole. E i costi? Prima di parlare di costi bisogna chiedersi perché è così importante mantenere la diversità biologica e la salvaguardia degli ecosistemi. E se io non amo la natura perché credo che non sia importante? Be……vediamo….la natura ti da l’ossigeno, ti da il cibo…ti da l’acqua…..lavora i tuoi scarti, ti rilassa…in pratica ti mantiene in vita……Non è sufficiente questo per amarla?

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domenica 18 novembre 2012

Le interazioni tra le popolazioni



Popolazioni di due specie possono interagire secondo schemi basilari. I termini applicati a queste relazioni nella letteratura ecologica sono riportati di seguito:

Neutralismo: in cui nessuna delle popolazioni è influenzata dall’associazione con l’altra

Competizione diretta: in cui entrambe le popolazioni si inibiscono attivamente in maniera reciproca

Competizione per la risorsa: in cui ciascuna popolazione influenza negativamente l’altra in maniera indiretta attingendo a risorse presenti in quantità limitata

Amensalismo: in cui una popolazione è inibita e l’altra non è influenzata

Commensalismo: in cui una popolazione è beneficiata, ma l’altra non è influenzata

Parassitismo: in cui una popolazione trae beneficio dall’altra che viene danneggiata

Predazione: in cui una popolazione influenza negativamente l’altra attraverso attacco diretto

Protocooperazione: in cui entrambe le popolazioni beneficiano dall’associazione ma le loro relazioni non sono obbligate

Mutualismo: in cui la crescita e la sopravvivenza di entrambe le popolazioni sono beneficiate e nessuna delle due può sopravvivere in condizioni naturali senza l’altra

Come si può notare, gli organismi possono interagire tra di loro in molti modi. I sistemi moderni di agricoltura e antropizzazione, purtroppo come già detto portano gli ecosistemi a divenire uno stadio pioniere (argomento già affrontato nello sviluppo di un ecosistema) alterando queste relazioni. Il risultato è che spesso sorgono problematiche perché non esiste più un controllo demografico naturale delle specie che vivono in una determinata area. Come detto nelle invasioni biologiche è certo che i danni sono maggiori quando una nuova specie è introdotta in una nuova area, dove vi sono sia risorse non sfruttate che assenza di interazioni negative. I predatori o parassiti neo-acquisiti risultano essere i più nocivi (specie alloctone). La cosa importante da fare, sarebbe quella di evitare l’introduzione di nuovi potenziali flagelli e di evitare di stressare gli ecosistemi con veleni che distruggono sia organismi utili che dannosi. Come si instaurano queste interazioni? Attraverso una coevoluzione, ovvero un’ evoluzione di comunità di specie non interfeconde (quindi che non si riproducono tra di loro), ma che hanno tra loro una stretta relazione ecologica. Ovviamente tutto questo avviene nel tempo. Nella costruzione di un sistema biologico, noi possiamo favorire o alterare queste interazioni a seconda di cosa noi pianteremo o alleveremo nel nostro terreno. Io personalmente consiglio di utilizzare prevalentemente specie del luogo, per ridurre al minimo le problematiche, anche se oggi come oggi, è impossibile ricostruire uno stato naturale completamente originale.

venerdì 2 novembre 2012

Coltivare erbe spontanee nel nostro campo o orto


Lysimachia Vulgaris, una primulacea......ha una fioritura stupenda...la foto non rende al massimo la bellezza di questa pianta, tra l'altro ha anche proprietà officinali e attira molti insetti impollinatori.



Esistono molte erbe selvatiche che possono essere piantate e mantenute tra le verdure del nostro terreno affinché si ottengano diversi tipi di vantaggio. Le erbe selvatiche, generalmente possono essere introdotte nel nostro campo o orto per diverse ragioni. La cosa difficile, per un amatore è riconoscere le specie vegetali. E come si fa? Diciamo che bisognerebbe o fare un corso di botanica, o consultare gli esperti, o navigare in internet (poco tecnico), visto che esistono molti siti validi. Generalmente le piante erbacee possono essere utilizzate per:

-alimentarsi
-curarsi
-curare le piante
-combattere gli insetti nocivi
-aiutare gli insetti utili
-ridurre le specie vegetali considerate da noi fastidiose  per mezzo della competizione
-ammirare le fioriture, (perché no)
Ecc….

Come vedete i vantaggi sono moltissimi. Prima però di proseguire con il discorso dobbiamo parlare di alcune regole importanti:

-Come detto per i funghi, bisogna stare molto attenti a consumare erbe spontanee, perché molte sono pericolose e possono risultare mortali. Difatti, come sempre bisogna consultare gli esperti prima di prendere decisioni che possono costare care.

-Alcune specie non si possono prelevare. Quindi attenti alle regolamentazioni regionali, comunali forestali ecc…per alcune si possono prelevare i semi (informatevi comunque prima presso le strutture idonee).

Buphthalmum salicifolium , anche questa pianta ha molte proprietà
Dal punto di vista alimentare e curativo, si deve essere preparati, quindi aver fatto dei corsi con persone esperte del settore.Ci si può ugualmente sbizzarrire con altre opzioni. Per esempio sono note le “labiate” non solo per la loro bellezza, ma perché apprezzate da molti insetti impollinatori. Quindi si potrebbero piantare per esempio diverse tipologie di labiate autoctone per salvaguardare la specie stessa dalla minaccia antropica e per attirare a noi insetti utili. Altra tipologia importante sono le famose leguminose. Ormai ci sono talmente tanti siti che ne parlano che sarebbe inutile approfondire il discorso, quindi mi soffermo e sottolineo solo il fatto, che sono in grado di fissare azoto atmosferico e quindi arricchire il terreno dello stesso. E’ un tipo di fertilizzazione naturale (per approfondimenti vedere il ciclo dell’azoto nel sito).Curare le piante…molti di voi non sanno che molte specie autoctone sono in grado di curare malattie come il cancro gommoso (sperimentato personalmente) o funghi patogeni di ogni genere. Inoltre se piantate in prossimità di alberi da frutto sono in grado di aumentarne le difese immunitarie. Per chi come me, non è amante degli agenti chimici, può evitare il diserbo manuale e chimico utilizzando la competizione tra specie. Molto importante è il modo in cui le piante crescono e si diffondono. La forma biologica, (argomento già trattato), ne è un esempio e ci può aiutare nel scegliere la tipologia adatta allo scopo. Ammirare le fioriture…io sono del parere che molte persone gettino i soldi (sebbene ognuno sia libero di fare ciò che vuole). Abbiamo tanti di quei fiori stupendi in Italia che, non capisco il perché , molti acquistino quelli esotici. Oltre a creare il problema delle invasioni biologiche (argomento già trattato), si riduce la possibilità delle specie native, animali e vegetali di sopravvivere. Alcune volte nascono spontaneamente nei nostri giardini, ma vengono tolte subito, perché comuni o considerate malevole….fare agricoltura naturale vuol dire essere in pace con la natura e utilizzarla nel pieno delle sue potenzialità. Vorrei aggiungere un altro punto. Il mio orto, è disseminato di piante officinali, ma non di quelle che pensate voi, ovvero quelle proposte dai garden center, ma di quelle che ho piantato io, prelevate in natura o in giardini di persone che le volevano estirpare (beata conoscenza). Ebbene queste piante possono essere date agli animali da cortile per incrementarne il loro sistema di difesa  immunitario e la qualità della carne che verrà successivamente consumata da noi. Come sempre, fare agricoltura naturale, non vuol dire soffermarsi sempre sulle solite cose, ma ampliare quella che è la visione della natura nel suo complesso.

lunedì 22 ottobre 2012

Coltivare i funghi nel nostro campo o orto


Clitocibe geotropa (un fungo che a me piace molto)........cresce come saprofita nel bosco......
Fare agricoltura naturale, non vuol dire solo coltivare piante erbacee, arbustive o arboree, ma vuol dire integrare il tutto anche con i funghi. Per chi come me, volesse cimentarsi in questa pratica deve innanzitutto avere un po’ di competenza e sapere che i funghi, come altri organismi, hanno diverse esigenze in fatto di sopravvivenza. I funghi sopravvivono in 3 diversi modi: o demolendo la sostanza organica, quindi si dicono saprofiti; o parassitando altri organismi, quindi da parassiti, o vivendo associati ad altri organismi in rapporti di simbiosi come per le micorizze ( argomento già trattato). Parlare dei funghi non è così semplice o scontato. Inoltre, quando si parla di funghi, bisogna stare molto attenti poiché noi sappiamo che alcuni, sono mortali. In commercio però, si trovano miceli di varietà commestibili. Quindi acquistare il micelio è un modo per andare sul sicuro, per due motivi. Primo perché si può parlare con personale specializzato che può dare buoni consigli, secondo perché eviteremo di coltivare specie pericolose per la nostra salute. Consiglio vivamente prima di fare qualcosa nel proprio terreno di parlare con micologi esperti. Detto questo, prima di ogni coltivazione, dobbiamo avere le idee chiare su cosa noi vogliamo allevare e quale sia il sistema di sopravvivenza del fungo scelto. In commercio si trovano funghi saprofiti. Tra i più conosciuti troviamo il pioppino (Agrocybe aegerita). Come dice la parola stessa, per i saprofiti, oltre alla temperatura e all’umidità, è importante il substrato, ovvero quel materiale organico che il fungo demolirà per accrescersi e riprodursi. Per chi volesse avvicinarsi il più possibile ai sistemi naturali, può eventualmente piantare quelle piante che formano il substrato dei funghi coltivati. Per esempio il pioppino, necessita del pioppo. Quindi in mezzo al frutteto o in prossimità del campo o orto, possiamo piantare dei pioppi, o accumulare del legno di pioppo ( ramaglie o tronchi). Esistono diverse varietà di pioppi. Secondo la letteratura i pioppini preferiscono il pioppo piramidale, ma cresce anche su salice e fico. Io l’ho visto crescere anche su sambucco. Ora, lo scopo del post non è parlare del pioppino, ma ragionare, sui vantaggi di unire diversi organismi nei sistemi naturali. Se eventualmente piantassimo il pioppo piramidale utilizzando i metodi naturali avremmo i seguenti vantaggi:

-I funghi commestibili che possono essere consumati

-Il risparmio economico nell’acquisto degli stessi

-La qualità e il sapore, poiché il substrato, come detto anche per le piante caratterizza il gusto del prodotto (non ci credete? Provate a consumare i pioppini nati da paglia (di allevamento) e poi provate a consumare quelli trovati in natura nati su pioppo e poi valutate).Ovviamente dovete essere capaci di riconoscere le specie di funghi, non siate superficiali o avventati,  ricordate che con i funghi non si scherza. Il mio è un suggerimento nei confronti di chi è esperto in materia.

-Il legno ricavato dalla pianta

-L’arricchimento del suolo di sostanza organica dovuto alla caduta delle foglie e dei rami

-Protezione dalle calure estive date dalle piante

-Inoltre i funghi come ogni altro organismo, possono competere con i propri simili per la risorsa e lo spazio, riducendo l’espansione di quelli dannosi.

-Nicchia per organismi utili (uccelli,rettili,mammiferi ecc…..)

-Barriera contro i patogeni come le cocciniglie  trasportate dal vento (meglio che si attacchino ad un pioppo, da cui si ricaverà legna, piuttosto che ad un albero da frutto).

Nel bosco,nessuno semina,ma tutti raccolgono......Lepiota procera o mazza di tamburo

Personalmente io sto provando la coltivazione di 4 tipologie di funghi. Non spiegherò il come si fa per diverse ragioni. Primo, perchè non sono autorizzato non avendo un attestato che certifichi le mie competenze in materia, e inoltre esistono in internet siti più completi riguardo l’argomento frequentati da esperti. Lo scopo è stato far capire come in un qualsiasi terreno, lasciato alla sua naturalità si possano ottenere come sempre molti vantaggi, non solo legati alla coltivazione di frutta e verdura, ma anche a quella dei funghi.

mercoledì 10 ottobre 2012

Meglio piante innestate o non innestate parte 2?

Pianta di melo innestata.Le foglie presentano malattie fungine ugualmente.Nel centro,una mantide che depone la teca che   proteggerà e custodirà  le uova della prossima generazione

Circa 10 anni fa, quando mi accostai all’agricoltura, praticai anch’io degli innesti, poiché come tutti ero indirizzato in tale pratica da chi ne sapeva più di me. Pensavo come tutti che fosse una cosa normale, e che apportasse dei miglioramenti alla qualità scelta. Qualche pianta, per la verità, la possiedo ancora. La cosa però che mi fece riflettere, fu il fatto che oltre a non osservare questi miglioramenti di cui avevo sentito parlare, perché comunque le malattie come gli attacchi parassitari si manifestavano e si manifestano ugualmente, mi resi conto che stavo cadendo in una sorta di dipendenza economica (pochi hanno piante nate da seme, e molte piante commercializzate sono innestate). Inoltre, quando ero bambino, possedevo un albicocco direi stupefacente. I frutti erano meravigliosi, quanto erano dolci. Purtroppo morì per il tarlo e a quel tempo non avevo ne la cognizione di quanto fosse importante preservare queste vecchie varietà ne la competenza per poter fare qualcosa. Difatti , non riesco a trovare ancora oggi un albicocco simile. Quella pianta era nata da seme. La natura non fa nulla a caso. La riproduzione e la produzione del seme con caratteristiche genetiche diverse, serve alla pianta stessa, non solo per adattare le nuove generazioni ai cambiamenti che sono in corso nel tempo, ma serve anche per propagare la specie stessa. Il seme di una pianta innestata produce un ibrido che non ha nulla a che vedere con il normale processo di mantenimento della specie, poiché è un sistema innaturale. Capire da soli le cose, è molto più semplice che farle capire agli altri. Cominciai allora a cercare queste piante e arrestai la pratica dell’innesto con attriti in famiglia e tra conoscenti. Ovviamente come spesso accade molti criticarono questa mia visione delle cose. Per 100 anni e più si era fatto così, come per la vangatura del terreno, come potevo io studente di scienze naturali, poter mettere in discussione questo? Amareggiato mi convinsi che forse avevo preso la strada sbagliata…fino a che non mi venne tra le mani un libro di Masanobu…..Tutte le mie ipotesi, i miei sforzi, le mie battaglie…erano omaggiate da questo libro che mi fece riconsiderare ciò che avevo pensato fino a quel momento. Masanobu già a suo tempo aveva non solo messo in pratica ciò che io avevo ipotizzato con ampio successo, ma predisse anche il futuro decadente dovuto ai metodi di un agricoltura moderna lontana dalla sostenibilità e del rispetto della natura, includendo il pericolo della manipolazione genica (ricordo che era un microbiologo). Quell’uomo nel suo libro, mi ha insegnato molte cose, sebbene molte le debba ancora imparare. Quindi ora, piano piano, sto sostituendo le piante innestate con quelle nate da seme, selezionando vecchie varietà. Un lavoro molto difficile e che richiede pazienza.….Comunque sia, riflettete su quanto è stato detto, anche con spirito di critica.




Come potete notare la saldatura dell'innesto crea un agglomerato di tessuti vascolari che rende più difficile il passaggio di sostanze e acqua,rendendo la pianta più debole nei confronti di temperature elevate

venerdì 28 settembre 2012

Meglio piante innestate o non innestate parte 1?


Pianta di melo,nata da seme.Età,circa 6 mesi
Premetto, che non sono un esperto in materia, ma nella mia competenza sono giunto a delle conclusioni, che possono comunque essere messe in discussione da chi ne sa più di me a riguardo. L’innesto è una pratica agronomica delle piante realizzata con la fusione anatomo-fisiologica di due individui differenti, detti rispettivamente portinnesto o soggetto e nesto, o oggetto, di cui il primo costituisce la parte basale della pianta e il secondo la parte aerea. Si ottiene in questo modo una pianta formata da due porzioni diverse. Le sue funzioni sono molteplici:

§ reinnestare un arboreto per sostituire una cultivar superata o per introdurne una, vecchia o nuova, preferibile a quella presente. In questo caso l'innesto si propone come alternativa all'espianto e reimpianto dell'arboreto;

§ regolare lo sviluppo, la longevità, la precocità: il portainnesto è in grado di trasmettere al nesto caratteri fisiologici e fenologici specifici.

§ adattare una cultivar a particolari condizioni pedologiche e climatiche

§ resistenza a parassiti, malattie e fitofagi

§ rilevare le virosi e risanare il materiale infetto

§ introduzione di impollinatori: negli arboreti in cui si nota un'impollinazione si può ricorrere al reinnesto di un certo numero di piante con cultivar che hanno funzione impollinatrice;

§ correggere la struttura scheletrica della pianta: l'innesto può essere sfruttato per correggere difetti di sviluppo delle branche nelle parti deficienti per varie cause.

§ alcuni cloni di molte specie arboree e non, presentano difficoltà a radicare, per cui l'innesto risulta l'unico metodo di propagazione



Questo secondo la letteratura e l’esperienza altrui.

Secondo la mia esperienza e quella di qualcun’altro le cose sono un po’ diverse:

Non ho notato una resistenza alle malattie, come alle temperature o nei confronti di parassiti. Sarò anche prevenuto, ma io sostengo che andare contro natura sia una cosa molto sbagliata. La difficoltà delle piante nella resistenza di tutto ciò, per me è sempre da attribuire nella maggior parte dei casi ad un’alterazione dell’ecosistema e della naturalità delle stesse. Da molti anni io cerco e coltivo alberi da frutto nati da seme, antiche varietà conservate da persone che per passione o casualità le possiedono. Non ho potuto fare a meno di notare che molte di queste piante sono molto resistenti e di alcune il frutto non è soltanto “selvatico”, ma bensì molto consistente e molto saporito perché derivato da selezioni naturali. Inoltre lasciando che il terreno di coltivazione si naturalizzi presentano buona vigoria nonché resistenza per tutta quella serie di vantaggi che ho affrontato nei precedenti post. Un’altra cosa importante è che comprando piante innestate, si diventa sempre più dipendenti dal mercato. Perchè? Perchè se la pianta muore sono costretto ad acquistarne un’altra; se invece la riproduco da seme ne posso fare un’infinità, e a costo quasi nullo. Le piante naturali, sono più resistenti alla siccità, e inserite in un ecosistema diventano più resistenti a malattie e parassiti. E la qualità della frutta dov’è finita? Come punto di riferimento io spesso prendo le persone che sono nate prima di me….e molti, mi dicono che non c’è paragone tra la frutta e la verdura di un tempo rispetto a quella moderna .E sapete perché? Perchè la cultura era diversa, come lo era l’ambiente. Purtroppo molti non hanno avuto la fortuna di mangiare della buona frutta nonché verdura, e quindi capisco le perplessità a riguardo. L’argomento continua nel prossimo post……

Pianta di pesco nata da seme (per vedere il frutto consultare il post "immagini dell'agricoltura naturale).Da questi semi, produco altre piante che sono geneticamente diverse, ma fenotipicamente (di aspetto) uguali.Il sapore e la pezzatura sono ottimi.

giovedì 20 settembre 2012

Come viene assorbita l’acqua dalla pianta


Il sistema radicale serve, come sappiamo ad ancorare la pianta al suolo e soprattutto a soddisfare la cospicua richiesta di acqua da parte delle foglie per la traspirazione. La maggior parte dell’acqua che una pianta assorbe dal suolo penetra attraverso le parti più giovani della radice. L’assorbimento ha luogo direttamente attraverso l’epidermide delle radici giovani. I peli radicali, localizzati alcuni millimetri sopra l’apice radicale, forniscono una superficie molto grande per l’assorbimento. Dai peli radicali, l’acqua migra attraverso la corteccia e da qui procede fin dentro il cilindro vascolare (sistema di canali per il trasporto di acqua e nutrienti).Una volta entrata negli elementi conduttori essa migra verso l’alto attraverso la radice e il fusto fin dentro le foglie, dove la maggior parte di essa viene rilasciata nell’atmosfera mediante la traspirazione. Per tanto, la via suolo-pianta-atmosfera può essere vista come un continuum di movimento dell’acqua. Il movimento dell’acqua, sebbene possa sembrare strano è dal basso verso l’alto. Per non entrare in argomenti troppo tecnici, possiamo affermare che la traspirazione causa una perdita d’acqua, la quale “richiama” a sua volta una certa quantità d’acqua persa durante questo processo. Questo fa si che il movimento sia dal basso verso l’alto, appunto perché è dall’alto che l’acqua viene persa e dal basso che viene prelevata. Tornando al discorso delle temperature elevate, cosa succede, alle piante in questi casi. Solitamente esse chiudono gli stomi che come detto, sono aperture che permettono lo scambio gassoso e la perdita d’acqua. Ahimè, però, come tutte le cose, ci sono dei limiti. Infatti una temperatura elevata costante inevitabilmente porta ugualmente ad una perdita d’acqua. Altre volte le piante accartocciano la foglia per impedire che questo avvenga. Molte persone, pensano che per sviare al problema, basti aumentare la quantità di acqua attraverso un’irrigazione costante e elevata (con un aumento dei costi comunque). Ma la temperatura non agisce soltanto a livello delle foglie, ma anche a livello radicale. Infatti alte temperature e ristagno d’acqua, favoriscono il marciume radicale, che inevitabilmente porta ad una diminuzione dell’assorbimento da parte delle radici. Aggiungiamoci un altro problema, il fattore tempo. Pensiamo che per assorbire una certa quantità di acqua ci vuole del tempo. Ma se il tempo che impiega la radice per assorbire acqua non compensa la traspirazione, che cosa succede? Che la pianta si disidrata e muore. Quindi aumentare l’efficienza idrica non risolve il problema, ma lo tampona relativamente. Le piante innestate, comuni al giorno d’oggi hanno una resistenza molto bassa rispetto ad una pianta naturale. Comunque l’argomento sarà trattato meglio prossimamente.

martedì 11 settembre 2012

Invasioni biologiche


Una specie vivente alloctona (animale, vegetale o fungo) è una specie che per un evento naturale (raro) o per mezzo dell’uomo (molto frequente) viene introdotto in un territorio diverso da quello di origine. La diffusione delle specie alloctone costituisce una delle più grandi minacce alla biodiversità degli ambienti naturali e rappresenta un rilevante problema economico a causa dei danni che  queste, risultando molto spesso invasive, provocano ad attività umane quali l'agricoltura e pesca. Esse diventano invasive quando diffondono dal punto di introduzione e diventano prevalenti. Le specie invasive possono avere pesanti ripercussioni sul piano economico. In mancanza di adeguati provvedimenti per eradicare o controllarne la diffusione, la situazione non potrà che peggiorare ed è praticamente certo che questa tendenza sarà ulteriormente esacerbata dai cambiamenti climatici. Vorrei evidenziare come molti, se non quasi tutti i parassiti e non, che oggi creano problematiche all’agricoltura siano di natura alloctona. Come detto, l’idea di utilizzare la chimica non ha fatto altro che aumentare la resistenza di questi patogeni. Difatti, se i prodotti chimici fossero realmente efficaci a lungo termine, sarebbero in grado di distruggere completamente le popolazioni e quindi il problema non sussisterebbe. Mentre la realtà non è così. Il perché di questa verità  l’ho scritto più volte. Possiamo affermare che il tutto ruota sempre intorno al denaro nonché ad un sistema che difficilmente può cambiare per ragioni culturali. I danni che creano queste specie, non sono solo di natura economica ma anche biologica. Questo perché esse al di fuori del loro areale, non conoscono ne predatori, ne malattie e questo ne favorisce l’espansione. Una volta che la specie si è espansa, entra in competizione con le nostre specie autoctone che trovandosi in una condizione sfavorevole perché soggette a malattie e predazione finiscono con l’estinguersi. Prima di giungere alla conclusione vorrei aggiungere un altro aspetto, di tipo climatico. Molte delle specie alloctone provengono da climi tropicali o subtropicali. L’aumento delle temperature del globo favorisce l’insediamento di queste. Ora, come affrontato nei post precedenti, sappiamo che l’aumento delle temperature è dovuto alla distruzione degli ecosistemi che oltre a regolare i cicli biogeochimici fungono da regolatori chimici, perché ogni organismo, piccolo o grande che sia intrappola sotto forma di biomassa una certa quantità di materia. La riduzione delle specie, altro non è che una liberazione di una certa quantità di materia nell’ambiente, che a sua volta si ripercuote sul clima. E siccome noi sappiamo che piante e animali, nonché l’uomo sono temperatura dipendenti, possiamo giungere alla conclusione che la situazione è davvero drammatica, sebbene molti non ne siano ancora convinti.

mercoledì 18 luglio 2012

Immagini agricoltura naturale,cerchiamo il compromesso

Pesca rosicchiata da un insetto.......fa parte del gioco......convivere con la natura vuol dire anche questo
I cambiamenti climatici si ripercuotono sulla vegetazione compromettendo la buona riuscita del raccolto....foglie appassite per temperature troppo alte (NO AGLI OGM)
Pianta di cetriolo che cresce tra le piante arbustive
Vedete come molti insetti trovano rifugio nel caos?Questa catasta di legna è anche la tana di uno dei ricci che abitano l'orto...Il riccio si nutre di insetti...inizia la sua attività nelle ore crepuscolari e prosegue durante quelle notturne

martedì 17 luglio 2012

Ecotipi



Le specie che presentano ampia estensione geografica sviluppano quasi sempre popolazioni adatte localmente chiamate ecotipi che hanno valori ottimali e limiti di tolleranza modificati in funzione delle condizioni locali. Gli ecotipi sono sottospecie geneticamente differenziate che son ben adatte ad un particolare insieme di condizioni ambientali. In pratica, specie che hanno ampi areali di distribuzione lungo gradienti di temperatura o di altre condizioni, spesso presentano differenze fisiologiche, e qualche volta morfologiche, nelle diverse parti del loro areale. Prendiamo per esempio Achillea millefolium, una composita. Essa cresce sia nelle valli che ad elevate altitudini nella Sierra Montana. Le piante che vivono a bassa latitudine sono alte, mentre le piante che vivono ad elevata altitudine presentano una struttura bassa. Nel caso in cui i semi di entrambe le varietà vengono piantati in una stessa coltivazione posta al livello del mare, esse mantengono le loro diverse stature, alta e bassa, indicando che si è verificata fissazione genetica. Perché ho voluto introdurre questo argomento? Perché quando si fa agricoltura naturale, è molto importante utilizzare prevalentemente specie che vivono nell’area in cui abitiamo. Questo perché esse si sono adattate al luogo e presentano le caratteristiche migliori per sopravvivere. Quindi la barriera contro i patogeni deve essere prevalentemente costruita con specie autoctone, che sono in grado di fronteggiare maggiormente la competizione da parte di specie esterne, sapendo utilizzare meglio le risorse e lo spazio perché adattate. Inoltre c’è il problema che pur destando preoccupazione tra i biologi viene totalmente ignorato dalle istituzioni, ovvero quello delle invasioni biologiche. Queste specie definite alloctone, sono state portate al di fuori del loro areale di distribuzione creando danni economici all’agricoltura, divenendo una minaccia per le specie indigene e la salute delle persone. Comunque tornerò meglio sull’argomento. Altresì, come ho spesso sostenuto, molti insetti che abitano nell’area in cui viviamo, sono legati alle specie vegetali del luogo, perché essi in alcuni stadi vitali si nutrono delle stesse. E siccome noi sappiamo che la biodiversità, genera la competizione ed essa funge da barriera, piantando specie autoctone (così si chiamano), non facciamo altro che attirare questi preziosi alleati. Ultimamente i cambiamenti climatici stanno creando non poche problematiche, perché purtroppo sia animali che piante sono temperatura dipendenti…….come già detto…..comunque sia veniamo ad un problema alla volta.

sabato 7 luglio 2012

Nutrimento delle piante e suolo



Piante che periodicamente sfalcio.La foglia grande appartiene a Symphytum officinale, pianta ricca in silice.In questo modo apporto silice al terreno

Per molte persone il suolo è semplicemente sporco. Dal punto di vista della pianta, invece, il suolo è cruciale per la sopravvivenza perché fornisce supporto, acqua, e una varietà di elementi essenziali per la crescita. La nutrizione delle piante implica l’assorbimento dall’ambiente di tutte le sostanze richieste per i processi biochimici essenziali, la distribuzione di queste sostanze all’interno della pianta e la loro utilizzazione nel metabolismo e nella crescita. Molti elementi chimici come carbonio, idrogeno, ossigeno, potassio, calcio, magnesio, azoto ecc….sono definiti elementi essenziali. Essi sono divisi in macronutrienti e micronutrienti. I micronutrienti, vengono definiti così, perché sono richiesti in quantità molto piccole, mentre i macronutrienti, sono richiesti in gran quantità. Solitamente questi elementi chimici vengono acquistati nei negozi e aggiunti alle piante periodicamente. Ma se io non volessi spendere soldi, come faccio a procurarmeli da solo? Secondariamente come fa la natura ad averne scorta per poter espletare le funzioni visto che le piante li assorbono in continuazione? Veniamo alla prima domanda. Ci sono diversi sistemi per farlo. Per chi come me, ha anche conoscenze geologiche può benissimo ottenerli attraverso la polvere delle rocce…poiché le rocce aldilà della classificazione sono fatte di minerali e i minerali a sua volta sono fatti di elementi. Per non entrare in discorsi complessi per esempio io, quando vado in montagna e riconosco  la tipologia delle rocce che formano uno strato, prelevo della polvere o del terreno ottenuto attraverso l’erosione naturale e lo porto nel mio orto cospargendo lo stesso qua e la e apportando così al terreno l’elemento che desidero. Ma c’è di più. Molte piante, sono in grado di bioaccumulare più elementi di altre, e così periodicamente taglio le mie piante selvatiche e lascio che si decompongano. In questa maniera oltre a nutrire il suolo garantisco gli elementi a quelle piante che da me sono coltivate. Non ho l’abitudine di riciclare la materia che viene al di fuori del mio orto, come il famoso umido. Questo perché non ne conosco l’origine. Spesso le verdure sono prodotte con l’utilizzo di antiparassitari e diserbanti o abbeverate con acque inquinate, quindi c’è il problema della magnificazione (argomento già trattato) e posso veicolare o importare malattie nonché spore di funghi patogeni. Veniamo alla seconda domanda. La natura di per se ricicla tutto attraverso i processi naturali e quindi il suolo è sempre ben rifornito. L’impoverimento del suolo, è la conseguenza della distruzione dei processi e delle interazioni tra animali e piante (argomenti già trattati).


Terra carbonatica.. la spargo qua e la per l'orto apportando calcio al terreno

lunedì 25 giugno 2012

Dinamiche di metapopolazione


Le metapopolazioni sono gruppi di sottopopolazioni che occupano aree discrete (tessere,frammenti,macchie,  aree) o "isole" di habitat idoneo,separate tra loro da habitat non idoneo,ma comunque parzialmente connesse da corridoi di dispersione.La sopravvivenza delle specie può dipendere più dalla capacità di dispersione ovvero dalla capacità di migrare da un'area ad un'altra che dalle nascite e dalle morti all'interno dell'area.Quando applichiamo i metodi di agricoltura naturale,nel nostro orto o campo,utilizzando le specie spontanee noi creiamo aree di sopravvivenza per le specie autoctone.In pratica il costruire una zona selvaggia nel nostro terreno non ha solo la funzione di garantire la sopravvivenza di quelle specie a noi utili,ma ha anche il ruolo di attirarle a noi.Secondo la mia esperienza, che dura da circa 10 anni, affiancata alle mie conoscenze biologiche posso affermare con certezza che la base per mantenere i "nostri aiutanti" a prescindere dalla specie dipende essenzialmente dalla copertura vegetale e dall'eterogeneità dell'ambiente che andiamo a creare.Aumentare le specie (animali e vegetali) nel sito creato,vuol dire aumentare la diversità biologica che come spesso ho detto funge da barriera nei confronti di parassiti e malattie.Difatti, sempre per esperienza, con il passare del tempo e l'instaurarsi della competizione,ho potuto notare un drastico calo delle problematiche.La risposta come ho scritto nei post precedenti risiede nelle reti alimentari.Le reti alimentari creano un equilibrio biologico che a sua volta riduce lo sviluppo eccessivo dei patogeni.Oggi come oggi,la difficoltà maggiore è dipesa principalmente dal trovare sia le piante che gli animali a noi utili.Questo a causa della distruzione degli habitat (argomenti già affrontati precedentemente).Inoltre,c'è un'altro problema: il clima.Il clima,come accennato è importantissimo sia per le piante che per gli animali.Costruire un ecosistema nel proprio terreno significa anche ammortizzare le escursioni termiche (in maniera limitata) dovute ai cambiamenti climatici.Questo perché la vegetazione funge da riparo sopratutto nei mesi estivi quando le temperature sono elevate.Le piante inoltre permettono all'acqua di permeare nel suolo,alimentando la falda freatica e alcune, sono note per loro capacità depurativa dell'ambiente.Non dimentichiamoci che il mondo animale e quello vegetale sono inscindibili, ovvero sono complementari e nessuno dei due vive senza l'altro.Riassumendo possiamo dire che le piante da frutto vanno poste assieme a piante autoctone, erbacee,arbustive ed arboree.Questo crea un ambiente eterogeneo che attira gli organismi utili.L'aumento degli stessi crea un equilibrio ecologico o biologico che a sua volta diviene una barriera nei confronti dei patogeni.

mercoledì 13 giugno 2012

I consigli di Masanobu

Una volta che si è deciso di coltivare in modo naturale,il primo problema che si presenta è dove, e che tipo di terra si vuole lavorare.Avere acqua nelle vicinanze aiuta.Il suolo deve essere nero e profondo.L'azienda agricola deve essere in grado di fornire tutti i materiali e le risorse essenziali.Oltre ai campi una completa fattoria naturale dovrebbe includere un bosco confinante.I boschi, o il bosco che circonda la fattoria naturale dovrebbe essere trattata come una riserva naturale,utilizzata come fonte diretta e indiretta di concime organico.L'obiettivo a lungo termine,coltivando senza fertilizzanti, sarebbe quello di creare suoli profondi e fertili.Ci sono diversi modi per farlo:

-seppellire direttamente grossa materia organica in profondità nel terreno, come per esempio tronchi o legname in genere
-migliorare gradualmente il suolo piantando erbe,alberi che inviano le loro radici in profondità
-arricchire la fattoria, trasportando le sostanze umiche prodotte dal bosco

Il bosco ha molte funzioni.Oltre a creare l'humus per arricchire il terreno esso crea un habitat per i nemici naturali dei parassiti.Questo sistema, è chiaramente vantaggioso e semplice per chi possiede molta terra.Anche nell'orto di casa si può applicare sebbene in forma più ridotta questo metodo lavorando per lo più con arbusti e erbe spontanee.Purtroppo,come spesso ho detto e per esperienza,molti credono e sono convinti che questi metodi non siano applicabili, perché esiste l'errata convinzione che le erbe spontanee siano di impiccio alle piante da noi coltivate.Purtroppo molti non si ricordano o non sanno, che le piante da noi coltivate (aldilà di modificazioni genetiche) vengono dalla natura e la "difesa umana",nonché la manipolazione genetica  le hanno rese deboli.Questo vuol dire che in termini di competizione,parassitismo e malattia, esse sono più vulnerabili.Ovviamente questi messaggi sono solo per coloro che come me, vogliono ridurre l'assimilazione di veleni (perchè purtroppo l'ambiente è di per se inquinato) e mangiare prodotti di qualità.Quante volte andiamo al supermercato sopratutto in inverno e mangiamo frutta nonché verdura che sono solo belli all'aspetto ma privi di sapore.Questo perchè il sapore non dipende solo dalla qualità,ma è anche funzione del tipo di terreno in cui coltiviamo i nostri prodotti.Il terreno è fondamentale per molti aspetti: resistenza alle malattie,sapore delle verdure, riduzione degli attacchi parassitari ecc.E i costi?Cosa costa l'utilizzo dei mezzi meccanici e dei prodotti chimici?Senza contare che come ho spesso detto, la distruzione della biodiversità porta ad un'alterazione dei cicli biogeochimici che alterano il clima e il sistema terra.Cosa costerà alle persone un domani non troppo lontano coltivare senza un clima ragionevole.Le piante come gli animali,sono temperatura dipendenti.E poi cosa arriva sulle nostre tavole?Prodotti che ormai sono più artifiziosi che naturali.Dalla semina,alla vendita vengono pompati con un sacco di prodotti.Vedo persone soddisfatte di avere un pomodoro da chilo,melanzane da due....ma cosa mangiano costoro?Ricordatevi che noi siamo ciò che mangiamo!

domenica 27 maggio 2012

Le catene alimentari


Il trasferimento di energia alimentare dagli autotrofi (piante) attraverso una serie di organismi che consumano e sono consumati è chiamato catena alimentare ( o trofica).Le catene alimentari sono di due tipi fondamentali : catene alimentari di pascolo che partono dalle piante verdi, vanno agli erbivori pascolanti ( cioè animali che si nutrono di tessuti vegetali vivi) e carnivori; e catene alimentari del detrito che vanno dalla materia organica morta ai microorganismi e da questi ai consumatori di detrito e quindi ai loro predatori. Le catene alimentari non sono delle sequenze isolate, ma sono interconnesse. Il modello che ne deriva viene chiamato rete trofica. Quindi la forza lavoro di una persona che vuole fare agricoltura naturale sta nell’utilizzare proprio queste reti, come un tempo la natura faceva, prima dell’arrivo del metodo industriale moderno. Lo sbaglio dell’agricoltura moderna è stato fondamentalmente un errore di valutazione. Spiego meglio. Come possiamo notare chi ha un orto, un campo o un frutteto, per ragioni economiche e culturali pretende che nessun frutto o nessun ortaggio presenti un difetto.( Il difetto può essere, una verdura non omogenea o un frutto bacato; nei casi più gravi, oggi come oggi si ha la perdita dell’intero raccolto. Solitamente quelli che creano un danno alle colture sono prevalentemente insetti, ma non solo).Purtroppo, questo modo di vedere le cose, nel mondo agricolo, è strettamente legato ai costi che un’azienda deve sostenere nel produrre e diciamo la verità, è anche dipeso dal fatto che le persone non si sanno accontentare. Se uno produce dieci in un terreno, l’anno dopo vuole produrre 15 e così via. Quindi l’offerta allettante che la chimica industriale proponeva, e ancora propone, era ed è, quella di aumentare le rese con un aumento dei guadagni, nonché una diminuzione apparente dei problemi ed ei costi. Questo meccanismo, ha fatto diventare la chimica un fattore culturale, tant’è che molte persone si sono convinte che l’uomo in 50 anni di scienza abbia superato la natura in tutto e per tutto. Purtroppo, non è così, sebbene ancora molti siano convinti che sia così. Osserviamo le catene alimentari. La parola più giusta è rete, perché le interazioni sono talmente complesse che il termine catena è improprio. Se guardiamo gli ecosistemi, esiste una rete anche tra i vari habitat in funzione degli organismi che vi vivono; se ulteriormente osserviamo il clima possiamo vedere che esiste una rete anche in esso. Difatti sebbene ogni zona del globo ne abbia uno caratteristico, esso dipende non solo “dall’ecosistema e viceversa” del luogo stesso, ma anche dagli altri con cui è in comunicazione. Quindi quando si danneggia anche la più piccola parte, che per noi è insignificante, si produce un effetto domino di grande proporzioni che coinvolge l’intero pianeta. Facciamo un esempio. La famosa foresta tropicale è caratterizzata da precipitazioni abbondanti  frutto non solo della latitudine ma anche dell’enorme vegetazione presente. La distruzione della foresta altera l’ecosistema (animali e piante che sono in equilibrio vengono distrutti), che a sua volta porta ad un’alterazione climatica che si ripercuote sulle altre zone globali. Questo perché l’alterazione produce uno squilibrio chimico. Per esempio più co2 in atmosfera che normalmente sarebbe intrappolata sotto forma di biomassa vegetale e animale nonché nel suolo. Oppure, pensiamo alla foresta tropicale come al “polmone” del pianeta, per la sua ricca vegetazione. Insomma, il clima come si sa, è fondamentale per coltivare…..no clima, no party (battutina).Ora valutate da soli se è stata furbizia o stupidità.

giovedì 17 maggio 2012

Altre immagini della pratica naturale

Pianta di melanzana che cresce tra le erbacce.....
Pianta di uva spina ancora con le spine......io sono per le vecchie varietà
Alleati......alcuni ragni che vigilano sulle foglie delle verdure
Lucertola muraiola su un ramo di un albero...ottimo predatore di insetti comprese le cimici

Si può fare agricoltura naturale? Ecco alcune immagini....

non vango, non uso concimi chimici ne antiparassitari
non uso antiparassitari o prodotti chimici di qualsisi genere
Non vango,non uso fertilizzanti chimici,la frutta e la verdura crescono in mezzo alle erbacce, non diserbo chimicamente, non utilizzo antiparassitari, ma adopero la sola forza della natura.Nonostante sia circondato da agricoltori industriali che pensano che non si possa coltivare diversamente, nonostante le difficoltà che trovo nel trovare insetti utili a causa dello spropositato uso di agenti chimici e della distruzione degli ecosistemi, nonchè dei cambiamenti climatici, fondamentali per la riuscita del raccolto, continuo a sostenere che l'unica via per fare vera agricoltura sia il sistema naturale,evoluto in milioni di anni.

giovedì 3 maggio 2012

Le catene alimentari: iniziamo con una riflessione

Prima di parlare dell 'importanza delle catene alimentari con i relativi livelli trofici voglio proporvi un giochino riflessivo per capire come la biodiversità oltre a far risparmiare un sacco di denaro, ci sollevi anche da molte preoccupazioni.Vi propongo un' immagine con una rete trofica,dove le linee rappresentano il "chi mangia chi".Vorrei chiedervi di offuscare con il dito un qualsiasi animale presente nella figura (come fosse estinto) e successivamente vi invito a riposizionare le frecce per ricreare di nuovo l'equilibrio.Potete provare con tutti i presenti comprese le piante che rappresentano i produttori,ma che come potete vedere sono strettamente legati ai consumatori primari (erbivori).Successivamente fornirò la spiegazione.Leggete la riflessione solo dopo aver provato.


Riflessione: Prendiamo per esempio, la civetta delle nevi, e ipotizziamo che sia estinta.Ora essa dalla figura si nutre della pernice bianca, fringuello,zigolo delle nevi, arvicola e lemming. Cosa succede, quando la civetta delle nevi non esiste più?Che altero la catena alimentare.E cosa vuol dire questo? Che tutte quelle specie che  venivano predate dalla civetta si riproducono a dismisura e cominciano a fare danno perchè non c'è più equilibrio.Ovvero, aumenta la popolazione di quella specie con relative abitudini alimentari e comportamentali.In pratica ogni volta che anche un solo organismo si estingue, tutta la rete alimentare ne risente.Cosa comporta questo?Un aumento dei costi e dei problemi.E perchè? Perchè devo trovare un'alternativa al  predatore naturale (in questo caso la civetta).L'agricoltura moderna pensò di risolvere questo con la chimica,ma molti ancora oggi non hanno capito che ogni volta che utilizzano i pesticidi,diserbanti o altri composti che come detto sono pericolosi per la salute,non fanno altro che "mettere il dito" su ogni animale della figura.Non ci credete.Aprite le finestre e guardate il paesaggio.E' vivo o morto?E a cosa porta questo?All'inizio parlai dei cicli biogeochimi,e del fatto di come in natura ci sia un equilibrio chimico.Ebbene la riduzione della biodiversità come detto nel paragrafo porta ad un disequilibrio chimico che a sua volta  porta a morte il pianeta terra.Ecco perchè, chi conosce queste cose, lotta affinchè le medesime cambino.Ora capite anche il perchè ho affermato che chi pensava di guadagnare di più si sta solo scavando la fossa. Purtroppo come sempre ci rimettiamo tutti.

L’ostacolo all’agricoltura naturale


Quadrante del tempo biologico, con gli eventi più importanti avvenuti in 4,5 miliardi di anni di storia della terra, riportato su una scala di 24 ore.La vita è apparsa relativamente presto, prima delle 6:00 antimeridiane. I primi organismi pluricellulari invece, non sono apparsi che al crepuscolo e l'ultimo arrivato, il genere homo, al quale appartiene l'uomo, solo circa trenta secondi prima della mezzanotte.
Nei post precedenti ho voluto evidenziare il perché, io preferisca i metodi naturali all’agricoltura industriale moderna. Riassumendo possiamo dire, che le sostanze sintetizzate dall’uomo, sono pericolose per la salute, alterano le catene alimentari, distruggono la biodiversità nonché gli ecosistemi e non sono a buon mercato. L’evoluzione terrestre è stata molto lunga e molto elaborata (circa 540 milioni di anni per le forme di vita più complesse). In meno di 50 anni abbiamo alterato quest’evoluzione, pensando di guadagnare di più, e invece abbiamo arricchito solo le multinazionali aumentato i costi della vita come spesso ho detto. Tornare indietro ormai non si può più…anche perchè molti animali e piante si sono estinti e inoltre è difficile andare contro il potere politico che si fonda esclusivamente su interessi economici di privati. Posso altresì aggiungere, che l’argomento, non è completo. Molti infatti, sono i fattori che influenzano le piante e gli animali soprattutto durante il periodo riproduttivo. Per esempio le condizioni climatiche sono fondamentali per molti aspetti, ma non solo; il tipo di terreno, la presenza di corsi d’acqua, di laghi o la vicinanza del mare (che assieme alla vegetazione spontanea creano un microclima), l’altitudine, i venti, le precipitazioni, la latitudine ecc, sono tutti fattori importanti per la coltivazione delle specie vegetali. Quando ho parlato di pazienza, mi riferivo al fatto che purtroppo ricostruire un ecosistema in un orto o in un campo di coltivazione, oggi come oggi è un processo lungo e complesso. Questo perché l’uso indiscriminato della chimica ha eliminato molte specie animali e vegetali, riducendole a pochi limitati esemplari. Inoltre le piante, come ogni essere vivente necessitano di tempo per svilupparsi appieno e ci vuol tempo affinchè le comunità trovino una forma di equilibrio. Anche le pratiche comunali di manutenzione, la cementificazione, il continuo sfalcio della vegetazione, l’escavazione dei corsi d’acqua,le discariche abusive,la spazzatura della civiltà moderna hanno reso sterile l’ambiente circostante. Le specie che sopravvivono spesso creano danni  e disagi considerevoli senza contare che il pianeta sta divenendo inabitabile. Come spesso ho affermato la riduzione della biodiversità, riduce la competizione lasciando lo spazio ad alcune specie di prevalere su altre. A tutto questo disastro c’è solo una causa…….i soldi. Se si amano i soldi più della vita, della giustizia nonché dell’onestà, non si può fare agricoltura naturale. Questo perché le scelte che sono state fatte fino ad oggi si sono basate esclusivamente su questo e i risultati, comunque si possono vedere.

giovedì 26 aprile 2012

Forme biologiche (botanica)


L’ambiente induce le piante ad adottare delle strategie per sopravvivere alla stagione avversa( difficile), e per questo,  specie diverse,  possono presentare forme di adattamento identiche se sottoposte a stimoli ambientali simili. Da questo, se ne trae un raggruppamento che viene definito forma biologica. Rankier, divise in categorie le piante vascolari a seconda dei sistemi  adottati per proteggere gli organi perennanti durante la stagione avversa (arida estiva o fredda invernale).


Butomus umbellatus.....una delle più belle piante ,secondo il mio parere, della nostra flora
Terofite: Piante erbacee annuali che superano la stagione avversa con seme.
Idrofite: Piante perenni erbacee che superano la stagione avversa portando la gemma sotto la superficie dell’acqua.
Elofite: idrofite che portano i rizomi sott’acqua ma con fusto emergente.
Geofite: piante perenni erbacee che portano le gemme sotto la superficie del suolo (esempio tutti i bulbi come aglio,cipolla ecc).
Emicriptofite: piante erbacee perenni  che portano le gemme a livello della superficie del suolo protette da guaine fogliari, squame o parti morte della pianta.
Camefite: piante erbacee perenni con gemme poste a 20-30 cm dal suolo protette dalle perule (particolari strutture fogliari).
Fanerofite: Piante legnose perenni, con gemme poste al di sopra di 30 cm protette dalle perule
Nel mio sistema di agricoltura naturale lavoro molto utilizzando la competizione tra specie, basandomi altresì sulla forma biologica nonchè sulle proprietà delle piante stesse che intendo utilizzare.

Perché ho voluto parlare di questa classificazione? Ora lo spiego. Nel post precedente ho parlato delle successioni ecologiche. Pensiamo per un attimo al classico metodo di coltivazione che prevede la semina delle specie da coltivare e che oltre all’aratura si interviene con l’utilizzo di diserbanti. Quali sono tra le forme biologiche elencate quelle che troviamo spesso a "dannare l’anima" pur utilizzando il diserbo e quali invece scompaiono lasciando spazio alle altre di colonizzare con facilità il terreno? Be, se leggiamo le forme biologiche, possiamo vedere ed evidenziare che sono proprio le terofite  le specie che spesso si combattono. Perchè? Proprio per la strategia di riproduzione. Superano le stagioni avverse con semi e sono annuali. Mentre le altre forme, una volta che sono state distrutte vengono il più delle volte eliminate fisicamente. Ora noi sappiamo che in natura vige la competizione. Se noi togliamo la possibilità ad alcune piante di insidiarsi, lasceremo sicuramente la possibilità ad altre di farlo. Il successo delle terofite ,si può sicuramente notare, perché ormai, le sponde dei fiumi e i bordi dei campi nonché gli orti e i frutteti sottoposti a stress cronico, sono omaggiati da questa forma biologica. L’esempio pratico e dato dalle graminacee sebbene non tutte siano annuali. Inoltre c’è un altro problema. Molti animali, soprattutto insetti dipendono esclusivamente dalla sopravvivenza di alcune piante, poichè  nel loro stadio di sviluppo presentano diverse forme e quindi diversi modi di alimentarsi.Quindi i metodi di coltivazione o gestione  odierni, non fanno altro che degradare l’ambiente fino al suo stadio iniziale. E cosa comporta questo? Nel tempo porta alla riduzione delle risorse fino a che non si parla di desertificazione, incentivata anche dai cambiamenti climatici e dall’inquinamento.Le persone che pensano di fare un affare oggi, si troveranno sicuramente a piedi domani. Nessuno purtroppo pensa al domani. Ricordate che l’equilibrio è dato dalla competizione e la competizione è data dalla biodiversità.L'argomento verrà capito ancora meglio quando parlerò delle catene alimentari e dell'importanza di queste catene.Un ambiente sano riduce,come spesso dico, i costi di gestione!

mercoledì 18 aprile 2012

Come si sviluppa un ecosistema


Le comunità vegetali ed animali che si sviluppano in una certa area sono il risultato di un equilibrio che si instaura tra intensità dello stress, intensità del disturbo e intensità della competizione. Stress e disturbo controllano la competizione limitando l’intensità e il vigore delle varie specie(ecco una delle ragioni per cui la biodiversità è importante). Nei tempi brevi questo si esercita direttamente sui singoli organismi presenti; nei tempi lunghi il controllo avviene attraverso modificazioni nella composizione in specie della comunità attraverso selezione, estinzione  e migrazione. Lo sviluppo di un ecosistema è conosciuto come successione ecologica. Essa è il prodotto delle modificazioni sull’ambiente fisico indotte dalla comunità e delle interazioni fra competizione e coesistenza a livello delle popolazioni. Può essere progressiva, se porta alla formazione di una comunità stabile e regressiva nel caso contrario, (per impatto antropico, eventi naturali ecc).Quando i cambiamenti successionali sono determinati soprattutto dalle interazioni interne alla comunità, il processo è definito successione autogena o autogenerata. Quando forze esterne, quali tempeste o incendi influenzano o controllano regolarmente il mutamento, si ha la successione allogena (generata dall’esterno).L’intera sequenza di comunità che si succede in una determinata area è chiamata sere e le comunità che si succedono in una determinata area vengono chiamate stadi serali o di sviluppo. Lo stadio serale iniziale è lo stadio pioniere, ed è caratterizzato da specie pioniere, con elevati tassi di crescita, piccola taglia, vita breve e nel caso di piante un’elevata produzione di semi facilmente disperdibili (per esempio le  terofite). Una più o meno continua sostituzione delle specie nel tempo è caratteristica della maggior parte delle sere successionali. Lo stadio maturo o terminale stabilizzato è il climax, che persiste fino a che non subentrano disturbi gravi (spesso attività umane).La comunità di climax si autoconserva  perché è più o meno in equilibrio con se stessa e con l’habitat fisico. In pratica la successione ecologica è un processo di sviluppo e non semplicemente una successione di specie ciascuna delle quali agisce indipendentemente alle altre.Nel caso della vegetazione si ha uno sviluppo come quello della foto.L'utilizzo di diserbi,i disboscamenti, e i continui disturbi ambientali di vario genere (per esempio le operazioni di manutenzione stradale e non) non fanno altro che portare l'ecosistema al suo stadio primordiale.Ecco perchè nel diserbo ho parlato delle terofite, perchè sono quelle che per prime colonizzano gli stadi primordiali,dopo muschi e licheni.Comunque sia entreremo meglio nell'argomento.Portando gli ecosistemi al loro stadio primordiale,oltre alla perdita di risorse, si aumentano le probabilità che i luoghi soggetti a queste pratiche divengano dei veri e propri deserti.Purtroppo per gli interessi economici e mancanza di amore per la natura stiamo entrando in questa fase.

mercoledì 11 aprile 2012

Difficoltà nelle coltivazioni a causa dell’inquinamento


Le foglie di una pianta, così come i polmoni dell’uomo, funzionano solamente se è possibile lo scambio di gas con l’atmosfera circostante. Di conseguenza, le foglie e i polmoni sono estremamente sensibili all’inquinamento atmosferico.
Esistono diversi tipi di inquinamento atmosferico:
Le piogge acide: Gli ecosistemi terrestri, e ancor di più gli ecosistemi acquatici sono soggetti a diffusi danni ambientali a causa delle piogge acide, che si formano per interazione dell’anidride solforosa e degli ossidi di azoto, derivanti dalla combustione dei combustibili fossili, con l’umidità atmosferica.L'interazione, genera acido solforico e acido nitrico,rendendo le precipitazioni molto acide. L’acido solforico,diviene quindi un componente delle piogge acide. Le regioni soggette a una forte produzione di ossidi solforosi possono essere considerati deserti  allo stato potenziale. Le piogge acide possono avere effetti dannosi sulle piante (per esempio danneggiamento delle foglie, inibiscono la germinazione dei semi), sulla solubità di metalli potenzialmente tossici nell’ambiente nonché nell' alterazione di rocce e minerali, e ovviamente anche sulla salute umana.
ecco cosa diventerà la terra fra circa 50 anni.....
Inquinamento da particelle: alcune sostanze inquinanti sono formate da particelle .Esse possono essere di natura organica, come quelle che si originano dalla combustione di carbon fossile, foglie e rifiuti in genere, oppure di natura inorganica, come quelle prodotte dai cementifici ,dalle fonderie o liberati per effetto della combustione dei carburanti come i composti del piombo. Queste particelle essendo i maggiori costituenti dello smog, riducono la quantità di luce solare che arriva alla terra, con un conseguente danno indiretto alle piante, ma hanno anche un effetto dannoso diretto sulle piante, perché possono ostruire gli stomi (aperture nell'epidermide di foglie e fusti,attraverso i quali avvengono gli scambi gassosi) impedendone il funzionamento.Possono inoltre agire come veleni (specialmente le parti metalliche).Sostanze inquinanti non costituite da particelle, ad esempio i fluoruri, che vengono liberati nell’atmosfera dalle industrie dell’acciaio, dell’alluminio ecc. per le piante sono molto pericolosi poiché una volta entrati nella foglia attraverso gli stomi, ne distruggono i tessuti.
Inquinamento fotochimico: è il risultato dell’azione fotochimica che ha la luce sullo smog prodotto dagli scarichi delle automobili. A causa di questo, molte specie vegetali non riescono più a vivere in zone altamente antropizzate, inoltre lo smog allontanandosi dalla città d’origine, può procurare danni a colture e foreste distanti anche 160 km. Uno dei principali costituenti dello smog è il biossido d’azoto. Questo gas si produce dall’ossidazione dell’azoto atmosferico ed è anche presente negli scarichi delle automobili. A opera della luce forma monossido d’azoto estremamente reattivo. Con l’ossigeno molecolare, O2, forma l’ozono ,O3.Reazioni simili, favorite dai raggi ultravioletti, avvengono negli strati esterni dell’atmosfera e producono lo scudo di ozono. Esso si può produrre altresì mediante scariche elettriche e infatti si forma durante i temporali a opera dei fulmini. L’ozono è altamente tossico. Nelle piante danneggia particolari cellule della foglia.
Le piante tollerano le sostanze inquinanti entro un certo valore soglia, una volta che tale valore sia stato superato si possono avere rapidi cambiamenti in risposta a piccoli incrementi delle specifiche sostanze inquinanti.