Premessa

Questo sito nasce con l’idea di sensibilizzare le persone in campo ambientale e in termini di biodiversità ,facendo altresì della mia passione un lavoro. Da anni cerco di trovare un’alternativa alle normali pratiche agronomiche e di utilizzare la flora spontanea per creare giardini e coltivare la terra affinchè attirino specie animali tanto preziose per l’equilibrio naturale degli ecosistemi. Purtroppo le pratiche agricole e la gestione territoriale, spesso, riducono sempre più le aree naturali ,con la conseguente distruzione degli habitat portando inevitabilmente ad un considerevole calo di biodiversità. Considerando questa situazione mi sono sempre chiesto che cosa potessi fare per rallentare questo processo. Ebbene, cominciai a pensare che ognuno di noi avrebbe potuto fare la sua parte. Come? Trasformando il proprio giardino o il proprio terreno in un area che si avvicinasse sempre più ad un ambiente naturale. Che cosa serve prima di tutto per poter fare questo? Tanta pazienza e passione! Vedete, per distruggere un’area naturale ci vuole un tempo che varia da qualche ora…a qualche mese….ma per ricostruirla, ci vogliono anni, soprattutto nelle zone in cui l’impatto antropico è stato notevole. E i costi? Prima di parlare di costi bisogna chiedersi perché è così importante mantenere la diversità biologica e la salvaguardia degli ecosistemi. E se io non amo la natura perché credo che non sia importante? Be……vediamo….la natura ti da l’ossigeno, ti da il cibo…ti da l’acqua…..lavora i tuoi scarti, ti rilassa…in pratica ti mantiene in vita……Non è sufficiente questo per amarla?

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domenica 27 maggio 2012

Le catene alimentari


Il trasferimento di energia alimentare dagli autotrofi (piante) attraverso una serie di organismi che consumano e sono consumati è chiamato catena alimentare ( o trofica).Le catene alimentari sono di due tipi fondamentali : catene alimentari di pascolo che partono dalle piante verdi, vanno agli erbivori pascolanti ( cioè animali che si nutrono di tessuti vegetali vivi) e carnivori; e catene alimentari del detrito che vanno dalla materia organica morta ai microorganismi e da questi ai consumatori di detrito e quindi ai loro predatori. Le catene alimentari non sono delle sequenze isolate, ma sono interconnesse. Il modello che ne deriva viene chiamato rete trofica. Quindi la forza lavoro di una persona che vuole fare agricoltura naturale sta nell’utilizzare proprio queste reti, come un tempo la natura faceva, prima dell’arrivo del metodo industriale moderno. Lo sbaglio dell’agricoltura moderna è stato fondamentalmente un errore di valutazione. Spiego meglio. Come possiamo notare chi ha un orto, un campo o un frutteto, per ragioni economiche e culturali pretende che nessun frutto o nessun ortaggio presenti un difetto.( Il difetto può essere, una verdura non omogenea o un frutto bacato; nei casi più gravi, oggi come oggi si ha la perdita dell’intero raccolto. Solitamente quelli che creano un danno alle colture sono prevalentemente insetti, ma non solo).Purtroppo, questo modo di vedere le cose, nel mondo agricolo, è strettamente legato ai costi che un’azienda deve sostenere nel produrre e diciamo la verità, è anche dipeso dal fatto che le persone non si sanno accontentare. Se uno produce dieci in un terreno, l’anno dopo vuole produrre 15 e così via. Quindi l’offerta allettante che la chimica industriale proponeva, e ancora propone, era ed è, quella di aumentare le rese con un aumento dei guadagni, nonché una diminuzione apparente dei problemi ed ei costi. Questo meccanismo, ha fatto diventare la chimica un fattore culturale, tant’è che molte persone si sono convinte che l’uomo in 50 anni di scienza abbia superato la natura in tutto e per tutto. Purtroppo, non è così, sebbene ancora molti siano convinti che sia così. Osserviamo le catene alimentari. La parola più giusta è rete, perché le interazioni sono talmente complesse che il termine catena è improprio. Se guardiamo gli ecosistemi, esiste una rete anche tra i vari habitat in funzione degli organismi che vi vivono; se ulteriormente osserviamo il clima possiamo vedere che esiste una rete anche in esso. Difatti sebbene ogni zona del globo ne abbia uno caratteristico, esso dipende non solo “dall’ecosistema e viceversa” del luogo stesso, ma anche dagli altri con cui è in comunicazione. Quindi quando si danneggia anche la più piccola parte, che per noi è insignificante, si produce un effetto domino di grande proporzioni che coinvolge l’intero pianeta. Facciamo un esempio. La famosa foresta tropicale è caratterizzata da precipitazioni abbondanti  frutto non solo della latitudine ma anche dell’enorme vegetazione presente. La distruzione della foresta altera l’ecosistema (animali e piante che sono in equilibrio vengono distrutti), che a sua volta porta ad un’alterazione climatica che si ripercuote sulle altre zone globali. Questo perché l’alterazione produce uno squilibrio chimico. Per esempio più co2 in atmosfera che normalmente sarebbe intrappolata sotto forma di biomassa vegetale e animale nonché nel suolo. Oppure, pensiamo alla foresta tropicale come al “polmone” del pianeta, per la sua ricca vegetazione. Insomma, il clima come si sa, è fondamentale per coltivare…..no clima, no party (battutina).Ora valutate da soli se è stata furbizia o stupidità.

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