Premessa

Questo sito nasce con l’idea di sensibilizzare le persone in campo ambientale e in termini di biodiversità ,facendo altresì della mia passione un lavoro. Da anni cerco di trovare un’alternativa alle normali pratiche agronomiche e di utilizzare la flora spontanea per creare giardini e coltivare la terra affinchè attirino specie animali tanto preziose per l’equilibrio naturale degli ecosistemi. Purtroppo le pratiche agricole e la gestione territoriale, spesso, riducono sempre più le aree naturali ,con la conseguente distruzione degli habitat portando inevitabilmente ad un considerevole calo di biodiversità. Considerando questa situazione mi sono sempre chiesto che cosa potessi fare per rallentare questo processo. Ebbene, cominciai a pensare che ognuno di noi avrebbe potuto fare la sua parte. Come? Trasformando il proprio giardino o il proprio terreno in un area che si avvicinasse sempre più ad un ambiente naturale. Che cosa serve prima di tutto per poter fare questo? Tanta pazienza e passione! Vedete, per distruggere un’area naturale ci vuole un tempo che varia da qualche ora…a qualche mese….ma per ricostruirla, ci vogliono anni, soprattutto nelle zone in cui l’impatto antropico è stato notevole. E i costi? Prima di parlare di costi bisogna chiedersi perché è così importante mantenere la diversità biologica e la salvaguardia degli ecosistemi. E se io non amo la natura perché credo che non sia importante? Be……vediamo….la natura ti da l’ossigeno, ti da il cibo…ti da l’acqua…..lavora i tuoi scarti, ti rilassa…in pratica ti mantiene in vita……Non è sufficiente questo per amarla?

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venerdì 28 settembre 2012

Meglio piante innestate o non innestate parte 1?


Pianta di melo,nata da seme.Età,circa 6 mesi
Premetto, che non sono un esperto in materia, ma nella mia competenza sono giunto a delle conclusioni, che possono comunque essere messe in discussione da chi ne sa più di me a riguardo. L’innesto è una pratica agronomica delle piante realizzata con la fusione anatomo-fisiologica di due individui differenti, detti rispettivamente portinnesto o soggetto e nesto, o oggetto, di cui il primo costituisce la parte basale della pianta e il secondo la parte aerea. Si ottiene in questo modo una pianta formata da due porzioni diverse. Le sue funzioni sono molteplici:

§ reinnestare un arboreto per sostituire una cultivar superata o per introdurne una, vecchia o nuova, preferibile a quella presente. In questo caso l'innesto si propone come alternativa all'espianto e reimpianto dell'arboreto;

§ regolare lo sviluppo, la longevità, la precocità: il portainnesto è in grado di trasmettere al nesto caratteri fisiologici e fenologici specifici.

§ adattare una cultivar a particolari condizioni pedologiche e climatiche

§ resistenza a parassiti, malattie e fitofagi

§ rilevare le virosi e risanare il materiale infetto

§ introduzione di impollinatori: negli arboreti in cui si nota un'impollinazione si può ricorrere al reinnesto di un certo numero di piante con cultivar che hanno funzione impollinatrice;

§ correggere la struttura scheletrica della pianta: l'innesto può essere sfruttato per correggere difetti di sviluppo delle branche nelle parti deficienti per varie cause.

§ alcuni cloni di molte specie arboree e non, presentano difficoltà a radicare, per cui l'innesto risulta l'unico metodo di propagazione



Questo secondo la letteratura e l’esperienza altrui.

Secondo la mia esperienza e quella di qualcun’altro le cose sono un po’ diverse:

Non ho notato una resistenza alle malattie, come alle temperature o nei confronti di parassiti. Sarò anche prevenuto, ma io sostengo che andare contro natura sia una cosa molto sbagliata. La difficoltà delle piante nella resistenza di tutto ciò, per me è sempre da attribuire nella maggior parte dei casi ad un’alterazione dell’ecosistema e della naturalità delle stesse. Da molti anni io cerco e coltivo alberi da frutto nati da seme, antiche varietà conservate da persone che per passione o casualità le possiedono. Non ho potuto fare a meno di notare che molte di queste piante sono molto resistenti e di alcune il frutto non è soltanto “selvatico”, ma bensì molto consistente e molto saporito perché derivato da selezioni naturali. Inoltre lasciando che il terreno di coltivazione si naturalizzi presentano buona vigoria nonché resistenza per tutta quella serie di vantaggi che ho affrontato nei precedenti post. Un’altra cosa importante è che comprando piante innestate, si diventa sempre più dipendenti dal mercato. Perchè? Perchè se la pianta muore sono costretto ad acquistarne un’altra; se invece la riproduco da seme ne posso fare un’infinità, e a costo quasi nullo. Le piante naturali, sono più resistenti alla siccità, e inserite in un ecosistema diventano più resistenti a malattie e parassiti. E la qualità della frutta dov’è finita? Come punto di riferimento io spesso prendo le persone che sono nate prima di me….e molti, mi dicono che non c’è paragone tra la frutta e la verdura di un tempo rispetto a quella moderna .E sapete perché? Perchè la cultura era diversa, come lo era l’ambiente. Purtroppo molti non hanno avuto la fortuna di mangiare della buona frutta nonché verdura, e quindi capisco le perplessità a riguardo. L’argomento continua nel prossimo post……

Pianta di pesco nata da seme (per vedere il frutto consultare il post "immagini dell'agricoltura naturale).Da questi semi, produco altre piante che sono geneticamente diverse, ma fenotipicamente (di aspetto) uguali.Il sapore e la pezzatura sono ottimi.

giovedì 20 settembre 2012

Come viene assorbita l’acqua dalla pianta


Il sistema radicale serve, come sappiamo ad ancorare la pianta al suolo e soprattutto a soddisfare la cospicua richiesta di acqua da parte delle foglie per la traspirazione. La maggior parte dell’acqua che una pianta assorbe dal suolo penetra attraverso le parti più giovani della radice. L’assorbimento ha luogo direttamente attraverso l’epidermide delle radici giovani. I peli radicali, localizzati alcuni millimetri sopra l’apice radicale, forniscono una superficie molto grande per l’assorbimento. Dai peli radicali, l’acqua migra attraverso la corteccia e da qui procede fin dentro il cilindro vascolare (sistema di canali per il trasporto di acqua e nutrienti).Una volta entrata negli elementi conduttori essa migra verso l’alto attraverso la radice e il fusto fin dentro le foglie, dove la maggior parte di essa viene rilasciata nell’atmosfera mediante la traspirazione. Per tanto, la via suolo-pianta-atmosfera può essere vista come un continuum di movimento dell’acqua. Il movimento dell’acqua, sebbene possa sembrare strano è dal basso verso l’alto. Per non entrare in argomenti troppo tecnici, possiamo affermare che la traspirazione causa una perdita d’acqua, la quale “richiama” a sua volta una certa quantità d’acqua persa durante questo processo. Questo fa si che il movimento sia dal basso verso l’alto, appunto perché è dall’alto che l’acqua viene persa e dal basso che viene prelevata. Tornando al discorso delle temperature elevate, cosa succede, alle piante in questi casi. Solitamente esse chiudono gli stomi che come detto, sono aperture che permettono lo scambio gassoso e la perdita d’acqua. Ahimè, però, come tutte le cose, ci sono dei limiti. Infatti una temperatura elevata costante inevitabilmente porta ugualmente ad una perdita d’acqua. Altre volte le piante accartocciano la foglia per impedire che questo avvenga. Molte persone, pensano che per sviare al problema, basti aumentare la quantità di acqua attraverso un’irrigazione costante e elevata (con un aumento dei costi comunque). Ma la temperatura non agisce soltanto a livello delle foglie, ma anche a livello radicale. Infatti alte temperature e ristagno d’acqua, favoriscono il marciume radicale, che inevitabilmente porta ad una diminuzione dell’assorbimento da parte delle radici. Aggiungiamoci un altro problema, il fattore tempo. Pensiamo che per assorbire una certa quantità di acqua ci vuole del tempo. Ma se il tempo che impiega la radice per assorbire acqua non compensa la traspirazione, che cosa succede? Che la pianta si disidrata e muore. Quindi aumentare l’efficienza idrica non risolve il problema, ma lo tampona relativamente. Le piante innestate, comuni al giorno d’oggi hanno una resistenza molto bassa rispetto ad una pianta naturale. Comunque l’argomento sarà trattato meglio prossimamente.

martedì 11 settembre 2012

Invasioni biologiche


Una specie vivente alloctona (animale, vegetale o fungo) è una specie che per un evento naturale (raro) o per mezzo dell’uomo (molto frequente) viene introdotto in un territorio diverso da quello di origine. La diffusione delle specie alloctone costituisce una delle più grandi minacce alla biodiversità degli ambienti naturali e rappresenta un rilevante problema economico a causa dei danni che  queste, risultando molto spesso invasive, provocano ad attività umane quali l'agricoltura e pesca. Esse diventano invasive quando diffondono dal punto di introduzione e diventano prevalenti. Le specie invasive possono avere pesanti ripercussioni sul piano economico. In mancanza di adeguati provvedimenti per eradicare o controllarne la diffusione, la situazione non potrà che peggiorare ed è praticamente certo che questa tendenza sarà ulteriormente esacerbata dai cambiamenti climatici. Vorrei evidenziare come molti, se non quasi tutti i parassiti e non, che oggi creano problematiche all’agricoltura siano di natura alloctona. Come detto, l’idea di utilizzare la chimica non ha fatto altro che aumentare la resistenza di questi patogeni. Difatti, se i prodotti chimici fossero realmente efficaci a lungo termine, sarebbero in grado di distruggere completamente le popolazioni e quindi il problema non sussisterebbe. Mentre la realtà non è così. Il perché di questa verità  l’ho scritto più volte. Possiamo affermare che il tutto ruota sempre intorno al denaro nonché ad un sistema che difficilmente può cambiare per ragioni culturali. I danni che creano queste specie, non sono solo di natura economica ma anche biologica. Questo perché esse al di fuori del loro areale, non conoscono ne predatori, ne malattie e questo ne favorisce l’espansione. Una volta che la specie si è espansa, entra in competizione con le nostre specie autoctone che trovandosi in una condizione sfavorevole perché soggette a malattie e predazione finiscono con l’estinguersi. Prima di giungere alla conclusione vorrei aggiungere un altro aspetto, di tipo climatico. Molte delle specie alloctone provengono da climi tropicali o subtropicali. L’aumento delle temperature del globo favorisce l’insediamento di queste. Ora, come affrontato nei post precedenti, sappiamo che l’aumento delle temperature è dovuto alla distruzione degli ecosistemi che oltre a regolare i cicli biogeochimici fungono da regolatori chimici, perché ogni organismo, piccolo o grande che sia intrappola sotto forma di biomassa una certa quantità di materia. La riduzione delle specie, altro non è che una liberazione di una certa quantità di materia nell’ambiente, che a sua volta si ripercuote sul clima. E siccome noi sappiamo che piante e animali, nonché l’uomo sono temperatura dipendenti, possiamo giungere alla conclusione che la situazione è davvero drammatica, sebbene molti non ne siano ancora convinti.